Abbiamo votato!
16 gennaio 2024 § Lascia un commento
Anche quest’anno abbiamo votato il nostro libro preferito. Ogni partecipante ha potuto esprimere al massimo 3 preferenze. Abbiamo aggiunto anche una pagella, ognuno di noi ha dato un voto da 6 a 10, poi abbiamo calcolato la media. La media non rispecchia la classifica in tutto e per tutto, perché erano due voti “disgiunti” e solo per provare a dare una pagella ai libri.
Hanno votato 24 persone. Il nostro gruppo è composto da lettrici e lettori di tutte le età e con un buon equilibrio maschi/femmine, anche se queste ultime sono in maggioranza. Vi lasciamo qui sia i vincitori che la nostra pagella, così potrete prendere spunto per delle belle letture.
E se volete leggere con noi, venite a trovarci nella saletta multimediale nei giorni degli appuntamenti che trovate sul blog.
E buon anno nuovo!
Le parole tra noi leggere di Lalla Romano secondo Giacomo
23 dicembre 2023 § Lascia un commento
Le parole tra noi leggere è un libro datato, con una bella scrittura classica, che ottenne il premio Strega nel 1969, verosimilmente, come ha suggerito qualche critico, perché nella storia del figlio si poteva identificare la gioventù della contestazione che appariva incomprensibile alla società borghese del tempo.
Il nostro gruppo di lettura ha scelto di leggerlo però all’interno del percorso sul rapporto madre-figlio in letteratura.
Nel libro di Lalla Romano la relazione è vista unilateralmente dal punto di vista d’una madre, che offre un quadro molto accurato e puntuale della vita figlio.
Il racconto si muove come un’indagine condotta con lo scrupolo e la perizia di un caso clinico, basato non solo sulla esperienza diretta, ma corredato da documenti, referti e testimonianze.
Da un punto di vista specialistico, la storia di Piero rappresenta la descrizione più fedele di una sindrome che allora non era stata ancora codificata, mi riferisco alla Sindrome di Asperger, caratterizzata (sinteticamente) da una vivace intelligenza cognitiva e da una assenza di empatia.
Ma, dietro e dentro l’immagine del figlio, a prevalere è la figura di una madre che non riesce a cogliere l’essenza del figlio, preoccupata più a descriverlo che a comprenderlo, animata da una insana scoptofilia (amore per ciò che è nascosto) e ansia di controllo, mossa anche dal desiderio di farne un libro, “perché non mi era ancora passato per la mente di fare di lui un libro (o forse: scoprire che lui è un libro) Non provai nemmeno imbarazzo”.
Nei Postscritti e conclusione, in appendice al libro, si trovano risposte a tanti rilievi critici, sorti nel corso della lettura, (peraltro pesante per la lunghezza e le ripetizioni), una sorta di accorata difesa che rende il senso del libro, quando l’autrice afferma con sincerità “Ma è appunto vita, transitorietà. Forse non colpa, ma punizione”(1996).
Credo che sintonizzandosi sulla ricerca disperata, sia da parte della madre che del figlio, di un contatto che si rivela impossibile e frustrante, sulla mancanza alla quale non riescono a rassegnarsi e che condiziona comportamenti e modalità relazionali si possa cogliere l’aspetto più interessante e commovente del libro:
“La mia collera di ora dev’essere un residuo delle antiche battaglie, quando io reagivo come se lui fosse una parte di me che tradiva se stessa e dunque mi tradiva ”.
“Allora non solo non capisci niente di come sono io, ma nemmeno di come siete voi –. (Rimango senza parola)”.
Una nota su “Dove non mi hai portata” di Mariagrazia Calandrone
21 ottobre 2023 § Lascia un commento
Tempo fa mi par di aver letto dell’autrice un testo di poesie, ma non ho memoria di un particolare coinvolgimento, mentre la lettura di questo libro mi ha talmente appassionato che l’ho letto in due giorni.
In verità all’inizio nutrivo qualche pregiudizio, non mi sentivo in sintonia con l’autrice, la sua scrittura mi sembrava artefatta, come se mi trovassi di fronte un romanzo a tesi, ma è bastato inoltrarsi nella lettura per sentirmi fortemente coinvolto dalla voce narrante.
La struttura intelligente del testo, la capacità dell’autrice di utilizzare il paradigma indiziario riesce a suscitare una intensa curiosità per la trama, ma è soprattutto la qualità della sua scrittura a far sperimentare sincere e intense emozioni.
Mariagrazia Calandrone mette in luce gli aspetti universali dell’amore materno, facendo traballare retorici luoghi comuni o interpretazioni banalmente psicologiche.
Il tema del riconoscimento, cioè dell’importanza di riconoscere, essere riconosciuti e riconoscersi, viene espresso da una scrittura poetica che non si limita a ricordare, ma riesce a far rivivere.
Prezioso risulta il collegamento non facile da esprimere tra verità oggettiva e verità emotiva.
La ricerca della verità emotiva sulla sua origine ha la forza tragica della spinta vitale a trovare un senso alla sua vicenda umana e dei suoi genitori contro l’ambivalenza del racconto corale.
In poche parole mi sento di affermare che questo romanzo rappresenta un inno alla vita contro le insidie non solo della morte, ma delle mortificazioni frequenti nelle vicende umane.
Giacomo Di Marco